Abbiamo sempre vissuto... nel castello? Riflessioni sull'isolamento da Covid19


ABBIAMO SEMPRE VISSUTO… NEL CASTELLO?



Immagine di Victoria Frances
 
Viviamo in un'atmosfera da the day after. Solo che non esiste un after. Non ancora. Questo è il presente.
Un presente che abbiamo letto nei libri e visto dei film. Con la differenza che adesso è reale.
E noi, con tutti i nostri libri, con tutti i nostri film, ci scopriamo impreparati.
Siamo sopraffatti. Isolati. L'isolamento è diverso dalla solitudine - mi dicevo -. La solitudine è una condizione umana, perciò naturale - mi dicevo -. L'uomo non è un animale sociale - mi dicevo -.
Devo rivedere le mie convinzioni.
Andrà tutto bene.
Siamo sopravvissuti a ben altro, no?
No. Ne abbiamo solo sentito parlare e letto. Noi, almeno. Le nuove generazioni.
Siamo faccia a faccia con le nostre paure, davanti agli schermi degli smartphone per trovare un po' di compagnia, per sentirci insieme e uniti comunque.
Ma siamo isolati.

Mentre scrivo, mio marito è sul divano. Suda, ha la febbre. So che non è niente, è sempre stato soggetto ai cambi di stagione. È grande e grosso, ma l'influenza è ogni anni in agguato.
Anche quest'anno non ha fatto differenza.
Lo so, lo sappiamo: è solo una brutta infreddatura. Ma abbiamo paura, perché la mente se ne frega di ciò che è razionale. La mente vaga, ingigantisce (soprattutto di notte, quando non riesci a dormire… quando non puoi dormire, e i pensieri diventano fantasmi insistenti che fanno quello che sanno fare meglio: non trascinar catene, ma urlare. Forte. Nelle tue orecchie).
La Bambina piange. Sta giocando sul tappeto, o magari è stesa a pancia in giù e sta disegnando qualcosa. Improvvisamente, smette di giocare, strappa il foglio. E scoppia a piangere. Le mancano i compagni, dice. Le manca la scuola. Perfino le verifiche. Perfino quel compagno che, a volte, le prende l'astuccio e lo nasconde.
Io non ho più l'olfatto. Respiro, il naso è libero. Ma non sento più nessun odore. I profumi, le puzze, il cibo avariato, l'inchiostro della stampante, l'olio delle tempere, le deiezioni. Vivo in un mondo anti-Süskind. Un mondo senza odori, nel quale l'ammoniaca (ho provato) è identica alla lavanda, che è identica all'anti-tarme, che è identico al tanfo d'ascella.
Nullo.
Ho paura dell'oggi e ho paura del domani.

Abbiamo sempre vissuto… nel castello? No. Con buona pace della Jackson, abbiamo (io, per lo meno) sempre vissuto in un distopico. Mi guadagno da vivere scrivendone. Un mondo alternativo, un medioevo coi vizi e gli orrori della modernità.
Ma erano solo parole. Anche epidemia era solo una parola. Era una ricerca condotta su testi scientifici e divulgativi, su cronache dell'epoca. Erano appunti presi su fogli a quadretti, parti di un puzzle da far combaciare con la struttura generale e da nserire nel giusto contesto storico.
Adesso, le parole sono reali.
Il distopico è qui.
Altro che Matheson, altro che film e libri e visioni post-apocalittiche.
Il distopico è qui, e noi non sappiamo affrontarlo.


Il fatto più impressionante è il silenzio. Ci avete fatto caso?
Qui dove abito io, anche a tarda sera, anche di notte, c'è sempre stato un via vai di auto, di motorini. E noi, giù a lamentarci per il rumore.
Adesso, esco sul piccolo terrazzo e guardo il cielo, striato da ben pochi aerei. Vedo spuntare Venere, e poi, lentamente, le stelle puntinare la volta scura. Rimango in ascolto. E c'è un silenzio che fa ronzare le orecchie.
Abbiamo sempre vissuto in un distopico. E, oh!, quanto ci piacevano quelle storie.
Oggi ci piacciono un po' meno.
Oggi tocchiamo con mano l'orrore sottile che ci comunicavano.
Isolamento sociale.
Non toccarsi.
Lavarsi le mani. Spesso. Più volte al giorno.
Sapete queste cose meglio di me. Le trasmettono a ripetizione radio e TV, e fanno bene, perché l'isolamento sociale è l'unico modo, al momento, per contenere il contagio.
Per soffocarlo.
Lasciamo ai medici, agli infermieri, agli scienziati il tempo di capire, di indagare, di fare quello che sanno fare: il bene.
Noi continuiamo a vivere nel nostro distopico.
Continuiamo con la nostra vita. Leggiamo. Creiamo. Lavoriamo da casa.
Ci sono momenti di crisi, è ovvio.
Io ho crisi di pianto, per esempio. E la Bambina mi sgrida, mi ripete che è lei la piccola, è lei, quella che deve piangere. Non io. Io sono adulta. Mi invita a sedermi con lei e a fare un disegno. A mettere su carta ciò che provo. I ruoli sono invertiti. Dice a me ciò che ripeto da giorni a lei.
Eppure, non ci posso fare niente. Crisi di pianto. Mi prendono così.
Mi scuotono, poi mi abbandonano.
Andrà tutto bene.
Non ci credo ancora fermamente, ma voglio imparare a farlo.
Vorrei lo facciate tutti voi.
La vero nemico è la paura della paura stessa. E la paura si trasforma in angoscia, ci annichilisce, ci rende ancora più deboli.
Sapremo superarla.
Perché è vero: viviamo in distopico. Siamo in isolamento.

Ma non siamo soli.

 

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