La Bambina, Koji Suzuki e i genitivi oggettivi e soggettivi

Certe cose succedono perché devono succedere, inutile girarci troppo intorno e chiedersi il perché è il per come.
Succede che l'influenza di capita tra capo e collo, e non contenta va anche un po' più giù, a farsi un giretto tra i bronchi, e tu tossisci da far invidia a un'eroina di un romanzo russo. Succede che ti senti come se ti fosse passato sopra un autotreno in stile Duel ma ugualmente non ti viene il febbrone -quei bei febbroni di quando eri piccola, che ti costringevano a letto sotto le coperte e la stanza in penombra e immagini slegate dovute al delirio ridens (sì, quando capitano quei benedetti febbroni, la tua coscienza libera il folletto ridanciano che solitamente vive segregato in cantina, legato con doppie catene, e lui se ne va finalmente in giro saltellante a pronunciar parole tipo ortoclasio, che tu trovi buffissime e non riesci a smettere di spanciarti)-. Succede che sei comunque una donna che lavora e che deve portare a termine cose, succede che hai a che fare con gente (ah, l'umanità!) che non concepisce come tu possa fermarti e non scrivere solo perché hai 37,4. Succede, soprattutto, che hai una famiglia, una casa da portare avanti e una Teppa in crescita costante che richiede attenzione.
La Bambina, però, oltre a essere un Essere -perdonate la ripetizione- fondamentalmente indipendente, sa.
Sa che, quando mamma non sta bene, la migliore medicina è un libro (e chissà da dove le sia nata questa idea...).
Oggi:
archivio i file di editing, ognuno nella propria bella cartelletta, invio le e-mail agli autori che, bontà loro!, hanno riposto fiducia in me e spengo il computer. Ho gli occhi arrossati tipo allergia e la testa che rimbomba. Se abbasso le palpebre, la retina mi restituisce ancora un testo in word con fastidiose  evidenziature gialle (frasi che non girano), correzioni in rosso (punteggiatura e consecutio temporum da far rizzare i peli sul braccio e stringere le natiche) e quadratini rosa contenenti commenti.
Caracollo per due metri fino al divano.
E la Bambina arriva. Fiera e decisa, col libro di Biancaneve.
"Vedere Buio!" mi esorta.
Ora, molte favole per bambini sono più spaventose di un horror per adulti. Ve ne siete accorti, sì? Se anche uno come Stephen King, in un'intervista tra il serio e il faceto, vien fuori a dichiarare Walt Disney has scared more people than I ever had, aggiungendo che il film che maggiormente lo ha ispirato sia Bambi, certe cose cominciano a tornare.
La versione illustrata della Biancaneve Disney è terrificante. No, non tanto per la Matrigna, quella ci sta, te la aspetti, è fedele al proprio ruolo, eccetera. Quanto per le espressioni del Cacciatore e per quella corsa di Biancaneve nel bosco, con gli occhi gialli che spuntano ovunque e i rami degli alberi che diventano artigli.
Ma la Bambina ha il gusto per l'orrido.
Alla Bambina non interessa Biancaneve che parla coi nanetti, che canta o che bacia il principe Azzurro. Lei vuole quella pagina lì: "Vedere Buio!" Lei vuole il bosco sinistro e gli occhi e gli artigli.
Per un po', svaccate sul divano sotto la copertina-da-influenza, dissertiamo amabilmente degli orrori che si annidano nell'oscurità delle fiabe.
"Gli occhi fanno cucù" mi spiega, indicandoli. "Lei vuole fare ballo con loro."
Il che è bello e istruttivo.
Ma io sono comunque stanca e febbricitante.
La Bambina, allora, piena di buon senso, comprende quanto una lettura di questo tipo non sia adatta allo stato di salute odierno della genitrice.
Scende dal divano, va in camera e sento che traffica con la libreria a parete.
Torna, trionfante.
In una mano ha Masha e Orso.
Nell'altra, un volume nero con un cerchio nel mezzo.
"Tu leggi cerchio. Io leggo Masha. Poi ci raccontiamo."
Ring. Di Koji Suzuki.
Da un orrore all'altro.
La Bambina mi preoccupa. Segue le mie orme. Un po' troppo. Avrebbe potuto prendere Via col Vento o Elementi di morfologia verbale. Sono più  grossi e pesanti, va bene, ma sono anche sullo scaffale più basso. Facilmente raggiungibili-
Invece, no. Lei va a prendere Ring.
E io mi metto a leggere Ring.
 
 
Dimenticate Samara che esce dal televisore, Naomi Watts nei panni della giornalista (nel libro è maschio) e l'antipaticissimo figlioletto Aidan. Il libro, va da sé, prende una piega totalmente differente. E prende. Signori, se prende!
Ero reduce dalla lettura de La ragazza del treno (promosso) e The martian (del quale ancora non so bene cosa pensare), perciò una parentesi a tu per tu con incubi di ben altro genere me la meritavo.
Morale: la sera, ho acquistato anche Spiral e Loop, i due romanzi che completano la trilogia made in Nippon di Koji Suzuki.
 
La Bambina ed io abbiamo giocato a tris, disegnato un po' sui cartoni della pizza mentre veniva pronta la cena e ascoltato le canzoni dello Zecchino.
La sera, prima di metterla a letto, fugge dalla sorveglianza e scappa in cucina.
Quando torna, soddisfatta e con le dita sporche di pennarello azzurro, mi porge il cartone della pizza.
"Questo ho fatto per te co' tanto amore" dice.
Guardo il disegno e ripenso a robe che passano nel liquido amniotico, fotografie psichiche e altre amenità del genere.
"Bello" le dico. Non mi spingo a definire il disegno inquietante, perché potrei darle il la per continuare su questa strada. Non che sia disdicevole ma, ragazzi, è tardi e ho ancora la febbre. Voglio andare a letto. "Cos'è?"
"Sei tu che pensi, vedi? Ti mostro: questa sei tu e questo è il pensiero."
Questo è il pensiero si riferisce alla faccina che emerge dalla testa della bambolina ritratta. La Bambina, i pensieri, li disegna così. Palloncini sospesi a un filo attaccato al cranio.
(ok, la foto risulta tagliata e il "soggetto del pensiero" vien fuori smezzato. Fidatevi, quel semicerchio, in alto, continua e si congiunge a formare un vero e proprio tondo. All'interno del tondo, due occhietti, un nasino e un sorriso)
"E a cosa sta pensando, qui, la mamma?"
"A me. Perché mi vuole bene."
Almeno, c'è un lieto fine.
Per quanto inquietanti possano essere quelle immagini, la Bambina sfocia sempre nel lieto fine.
Che coincide col suo amore. L'amore della mamma (genitivo oggettivo e soggettivo).
E questo sì che è bello ed istruttivo.
 
 

 

Nessun commento